coreografia Michele Merola

regia Manuel Renga

musica Pink Floyd

regia video Fabio Massimo Iaquone

drammaturgia Emanuele Aldrovandi

luci Gessica Germini

costumi Nuvia Valestri

attore Jacopo Trebbi

danzatori MM Contemporary dance Company (11 danzatori)

durata: 70 min.

produzione Fondazione Teatro Comunale di Ferrara, Fondazione I Teatri di Reggio Emilia, Ravenna Festival,

MM Contemporary Dance Company

Prima assoluta: 17 maggio 2025, Teatro Comunale di Ferrara

La nuova produzione The Wall_Dance Tribute, che vede protagonisti i danzatori della MM Contemporary Dance Company, interpreti delle coreografie di Michele Merola, e l’attore Jacopo Trebbi, prende vita dallo storico concept album dei Pink Floyd,pubblicato nel 1979, e dall’omonima pellicola cinematografica di Alan Parker. The Wall è un manifesto, un atto di protesta contro un mondo, contro una società che non rispetta gli uomini in quanto esseri senzienti e liberi. The Wall è un’opera progressive, nata dal sentimento di rabbia e frustrazione del leader della band britannica, Roger Waters, conscio del progressivo allontanamento tra artista e pubblico, del distacco tra performance e fruizione. La vita del suo alterego, la rockstar Pink, si snoda attraverso le tracce del concept-album: la morte del padre in guerra, le vessazioni di un insegnante frustrato, le attenzioni asfissianti di una madre iperprotettiva e insicura, il matrimonio con una donna assente e infedele, la droga, le pressioni dello show-business rappresentano i mattoni che, poggiandosi l’uno sull’altro, erigono il muro che separa l’uomo dal resto del mondo. Nello spettacolo, Pink (interpretato da Jacopo Trebbi) è l’alter-ego di Roger Waters. Al culmine del delirio alienato e autoreferenziale, vince tuttavia la volontà di abbattere quel muro, di liberarsi dalle oppressioni e di spogliarsi delle maschere, per mostrarsi per quel che realmente si è e aprirsi all’esterno e al prossimo: solo con l’empatia, l’unione e la partecipazione sarà possibile costruire un futuro migliore.

I linguaggi si intersecheranno per costruire uno spettacolo cangiante dove le musiche, la danza, la recitazione e le video proiezioni non hanno un confine preciso e definito. Proprio come accade nell’adattamento cinematografico, la storia, i flashback, le voci dei personaggi saranno in continua condivisione, si sovrapporranno tra loro per costruire la storia di Pink e la sua “folle confusione”, raccontata attraverso l’intrecciarsi delle arti in questo spettacolo composito, sospeso tra teatro, danza e musica.

TRAMA

Pink si presenta al pubblico protetto da un muro emotivo, frutto dell’isolamento, della rabbia, della frustrazione. In un primo flashback richiama alla memoria gli episodi dell’infanzia che più lo hanno segnato, i primi mattoni alla base del muro: la morte del padre soldato; le paure trasmesse da una madre che esaspera il naturale istinto di protezione; le umiliazioni di una consuetudine educativa che deride e mortifIca ogni manifestazione di individualità, personifIcata da un maestro crudele che sfoga sugli alunni la propria frustrazione.

La vicenda prende successivamente forma in un’alternanza di piani narrativi e temporali che rappresenta metaforicamente il caos che governa la mente del protagonista. Pink è adulto, è un’affermata rock-star, ma i fantasmi del passato si ripresentano a turbare un’esistenza all’apparenza invidiabile. Il fallimento del matrimonio affonda le radici in un passato di instabilità: freddezza e distacco, le prime armi di difesa messe in campo, non fanno che esasperare il divario tra realtà e allucinazione. Con voce sommessa Pink si congeda dal mondo crudele, ormai al sicuro dietro il suo muro.

Intrappolato in una gabbia di dolore ed emozioni represse, Pink tenta di ristabilire il contatto con il mondo là fuori. I pensieri si rincorrono confondendo presente e passato, le ferite si riaprono: la personalità inquieta si confronta con la realtà e l’unica difesa possibile resta ancora il totale, catatonico abbandono alla completa impermeabilità alle emozioni.

Ma lo show deve andare avanti, a discapito di tutto: Pink è di nuovo sul palco, di fronte alla folla che lo acclama. Nel culmine del delirio autoreferenziale riveste i panni di un dittatore, da vittima si trasforma in carnefice e restituisce al mondo le ingiustizie che crede di aver subito. Un residuo barlume di umanità lo porta tuttavia a interrogarsi sui motivi che lo hanno spinto all’isolamento e alla conseguente alienazione. Nella prigione della sua mente Pink è pronto al processo: al banco dei testimoni i metaforici mattoni del muro (la madre, il maestro, la moglie), a sostenere l’accusa di avere dimostrato “sentimenti di una natura quasi umana”. Il verdetto della giuria è inappellabile: accettare di far parte della comunità umana e di relazionarsi con i propri simili.

Il boato del muro che crolla sovrasta finalmente il frastuono dei pensieri di Pink, deciso ad affrontare la paura, il dolore e a superare le barriere emotive. Tornare alla vita è un’audace scelta di maturità sociale, laddove la completa disconnessione dalla realtà rappresenta un inutile tentativo di fuga che potrebbe rivelarsi non tanto un fallimento, quanto fonte di pericolose degenerazioni.

NOTE DI REGIA di MANUEL RENGA

The Wall è un manifesto, un atto di protesta contro un mondo, contro una società che non rispetta gli uomini in quanto esseri senzienti e liberi. Quella in cui vive Pink è una società post industriale in cui tutti hanno un ruolo e devono rispettarlo, a discapito della loro unicità. Mattoni in un muro. The Wall è anche uno fra i più importanti rock concept album che siano mai stati creati. Per questo sul palcoscenico abbiamo costruito un progetto composito, ricco, sfaccettato che possa rendere le suggestioni del capolavoro dei Pink

Floyd attraverso una lettura e linguaggi contemporanei e originali. Una compagine di danzatori, un attore, video proiezioni, strumenti al servizio del messaggio profondo e chiaro di questo album: proviamo ad abbattere quel muro di solitudine e aprirci al mondo.

Nel nostro lavoro Pink (interpretato da Jacopo Trebbi) è un alter ego di Roger Waters. Per la drammaturgia, Emanuele Aldrovandi è partito dalle dichiarazioni di Waters, dai suoi diari, dai racconti e dalle interviste che vennero rilasciate durante la produzione di The Wall per costruire un mondo “altro” in cui Pink vive. Una dimensione in cui questo personaggio è doppio, a metà fra il “vivere quello che accade” (Pink) e il “ricordare perché l’ha scritto” (Waters). In quest’ottica è sia autore che protagonista.

I linguaggi si intersecheranno per costruire uno spettacolo cangiante dove recitazione, musica, danza e video proiezioni non hanno un confine preciso e definito. Proprio come accade nell’adattamento cinematografico, curato sempre da Waters, la storia, i flashback, le voci dei personaggi sono in continua condivisione, si sovrappongono per costruire quella “folle confusione” della testa di Pink.

Come probabilmente i fan della band britannica sanno bene, l’idea di The Wall nasce da dieci anni di tournée, di spettacoli rock tenuti in particolare fra il 1975 e il 1977. La band suonava di fronte a un pubblico molto numeroso formato dalla “vecchia guardia” che partecipava per sentire la loro musica e da un nuovo pubblico che, a detta di Waters, era ai concerti solo “per la birra, per urlare, per fare casino”. Suonavano in grandi stadi di conseguenza, il concerto diventava un’esperienza piuttosto alienante. “Mi sono reso conto che c’era un muro tra noi e il nostro pubblico e quindi questo disco è nato come espressione di questi sentimenti” dice Roger Waters in un’intervista a Tommy Vance del 1979.


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